giovedì 26 febbraio 2009

CONVEGNO DI BOLOGNA 3-4 MARZO 1973



Convocazione del Convegno di Bologna

Il 3-4 marzo a Bologna si terrà la riunione nazionale delle forme di autonomia operaia organizzata. A questa riunione, che viene dopo un incontro a Firenze e successivi incontri organizzativo-politici, partecipano l'Assemblea Autonoma dell'Alfa Romeo, della Pirelli, il Comitato di lotta della Sit-Siemens di Milano, la Assemblea Autonoma di Porto Marghera, il Comitato Operaio della Fiat-Rivalta di Torino, il Comitato Politico ENEL e il Collettivo Lavoratori e studenti del Policlinico di Roma, i Comitati Operai di Firenze e Bologna, l'USCL di Napoli, le Leghe Rosse dei contadini di Isola Capo Rizzuto e Crotone. Quello che è in discussione è un progetto di centralizzazione delle forme organizzate di autonomia operaia che - dentro la crisi di sistema - diventi la risposta organizzata del movimento all'attacco concentrico della borghesia, dia una soluzione positiva alla crisi dei gruppi e alle settorialità delle singole lotte ed esperienze. Progetto di centralizzazione che verifichi intorno al programma del salario garantito l'omogeneità dell'autonomia operaia organizzata, partendo dalla pratica dei bisogni come esercizio della democrazia proletaria, e rappresenti un punto di riferimento per il movimento di classe che rifiuta il ricatto della crisi, la democrazia fondata sullo stato del lavoro. Non sarà il convegno dell'autonomia operaia (non ci arroghiamo il diritto di rappresentare l'autonomia operaia), ma proprio per questo è necessario partire in comune. Promozione dell'autonomia operaia e centralizzazione delle forme esistenti sono il nodo dialettico con cui dare soluzione al problema dell'organizzazione proletaria. Organizzazione proletaria e direzione operaia è l'altro modo con cui sciogliere positivamente il rapporto con i gruppi: la separazione tra lotta economica e lotta politica prodotta dalle organizzazioni tradizionali di sinistra, è stato motivo di progressiva integrazione della classe che oggi i gruppi, in forma nuove, tendono a ripetere. La riunione nazionale di Bologna dovrà decidere circa la data di un convegno aperto a tutta l'autonomia organizzata (comitati di quartiere, proletari, collettivi studenti-operai, contadini, braccianti, edili) e a quei gruppi che fanno del confronto e coinvolgimento nel programma dell'autonomia una scelta non tattica ma di lungo periodo.
Da: "Potere Operaio del Lunedì"
Febbraio '73


Per saperne di più:
http://www.nelvento.net/archivio/68/autonomia/autop.htm

Sergio Bianchi, Lanfranco Caminiti (a cura di) GLI AUTONOMI vol.I Le teorie, le lotte, la storia




Il libro

«Estremisti», «violenti», «provocatori», «mestatori», «prevaricatori», «squadristi», «diciannovisti», «fiancheggiatori», «terroristi». Questi sono solo alcuni degli epiteti coniati nel corso degli anni Settanta da illustri opinionisti, intellettuali, dirigenti di partito e di sindacato per definire gli autonomi, una variegata area di rivoluzionari attivi in quegli anni nel nostro paese.Il giorno 7 aprile 1979 un’imponente iniziativa giudiziaria imputò a decine di dirigenti e militanti autonomi di essere a capo di tutte le organizzazioni armate attive in Italia e il cervello organizzativo di «un progetto di insurrezione armata contro i poteri dello Stato». L’accusa, dimostratasi col tempo del tutto infondata, fece da iniziale supporto a ulteriori arresti di massa, detenzioni preventive nei carceri speciali, processi durati anni e condanne a lunghe pene. Ma gli autonomi erano davvero solo un coacervo di estremismo irrazionale, violento e disperato? Per la prima volta in quest’opera si ripercorrono le tappe della costruzione del suo impianto teorico che ha radici nella nobile tradizione del pensiero «operaista», nelle riviste «Quaderni rossi» e «Classe» operaia», nell’esperienza militante di Potere operaio, Lotta continua, il Gruppo Gramsci. E, ancora, quali sono state le sue specificità rispetto alle organizzazioni extraparlamentari e quelle armate. Ma soprattutto cosa, in questa storia, vi è ancora di potentemente vivo e attuale.



Interventi di: Daniele Adamo, Maria Rosa Belloli, Franco Berardi (Bifo), Sergio Bianchi, Guido Borio, Lanfranco Caminiti, Antonio Casano, Massimo Cervelli, Francesco Cirillo, Antimo De Santis, Valerio Evangelisti, Chicco Funaro, Davide Germani, Valerio Guizzardi (Guizzo), Nicola Latorre, Vincenzo Migliucci, Valerio Monteventi, Giorgio Moroni, Sirio Paccino, Bruno Paladini, Raffaele Paura, Daniele Pifano, Paolo Pozzi, Marco Scavino, Marcello Tarì, Pino Tripodi, Chiara Vozza.




Sergio Bianchi, Lanfranco Caminiti (a cura di)

I curatoriSergio Bianchi e Lanfranco Caminiti nel corso degli anni Settanta hanno vissuto dall'interno l'esperienza politica al centro del libro. Entrambi hanno curato per le nostre edizioni '77. La rivoluzione che viene.




un assaggio...

Negli anni Sessanta e Settanta l’Italia è stata attraversata da un conflitto sociale di durata e intensità che non hanno uguali nella storia più recente. Tutto l’immaginario della rivoluzione è precipitato qui: non v’è stata parola che non sia stata detta, non v’è stato gesto che non sia stato compiuto. Non v’è stata teoria che non sia stata teorizzata. Non v’è stata lotta nel mondo di cui non ci si sia fatti carico e non si sia stati fratelli almeno per un giorno. Tutti i sogni e tutti gli incubi delle rivoluzioni si sono fatti carne qui.Questa è l’anomalia italiana.Che tutto questo abbia prodotto una profonda trasformazione di questo paese è davvero difficile negarlo adesso. Che tutto questo abbia davvero prodotto una profonda trasformazione di questo paese è difficile riconoscerlo adesso.La coscienza enorme del lavoro, l’autonomia di classe, è il fattore determinante dell’anomalia italiana degli anni Sessanta e Settanta; la presenza del «più grande Partito comunista d’occidente» è un fattore relativo. E da un certo punto in poi (la «crisi» degli anni Settanta) diventa un fattore opposto e contrario. Gli anni Sessanta e Settanta possono leggersi sostanzialmente come un conflitto aperto tra l’autonomia di classe e i comunisti italiani. Un conflitto tutto «dentro» il lavoro. Gli autonomi «impersonificano» questo conflitto. La chiave forse sta qui: gli autonomi sono più pertinenti all’anomalia italiana che all’autonomia operaia. Quando il grande ciclo delle lotte di fabbrica è finito, quando la spinta di massa va esaurendosi, quando la rivoluzione è perduta, ecco, rispunta l’anomalia italiana: gli autonomi. Quando esperienze, individui, gruppi e partiti della sinistra rivoluzionaria si sono sciolti, fusi, sparpagliati, ecco gli autonomi.Il vero scandalo, la vera anomalia dell’autonomia operaia è la violenza.Gi autonomi furono violenti. Gli autonomi «furono» la piazza. La piazza è il luogo proprio della politica di quel tempo. Gli autonomi giocano la loro politica in piazza. Dall’altra parte, dalla parte opposta, ci sono le autoblindo. Le autoblindo presidiano le piazze.

Dalla prefazione di Lanfranco Caminiti.

ALCUNI CENNI STORICI


Autonomia Operaia è stato un movimento della sinistra extraparlamentare attivo fra il 1973 e il 1979.
Nasce intorno alla fine degli anni '70, non come vero e proprio partito ma come "area" nella quale confluirono alcuni esponenti dei movimenti della sinistra extraparlamentare o sinistra rivoluzionaria in opposizione alla sinistra riformista.



Le origini
Dopo lo scioglimento dei movimenti storici della sinistra nati dalle esperienze del
Movimento Studentesco del 1968, il più importante dei quali fu Potere Operaio, e dopo il Congresso di Rimini del 1976 che determinò lo scioglimento della più importante formazione extraparlamentare, Lotta Continua, diversi militanti di queste formazioni si riunirono in un movimento autonomo che assommava in sé le esperienze delle lotte operaie e studentesche degli anni '70.
Con la nascita delle radio libere i neomilitanti autonomi si aggregarono intorno ad alcune di esse, le più famose delle quali furono
Radio Onda Rossa di Roma, Radio Alice di Bologna, Controradio di Firenze, Radio Sherwood di Padova e altre minori, diffuse comunque in quasi tutte le regioni italiane.
Autonomia Operaia ebbe due anime ben distinte, anche se all'interno della stessa area: da un lato un'anima operaista di stampo
marxista leninista, dall'altro una studentesca, più anarchica e libertaria.
Dopo lo scioglimento di
Lotta Continua l'omonimo quotidiano rappresentò le istanze di Autonomia Operaia ancora per qualche anno, mentre l'ala operaista faceva riferimento ai mensili Rosso e Controinformazione, l'ala creativa si raccoglieva attorno ad A/traverso, organo del trasversalismo bolognese, ed alle riviste Zut e Frigidaire.
Alcuni leaders del '68 furono considerati le menti pensanti del movimento autonomo. Fra loro vanno citati il romano
Oreste Scalzone, Franco Piperno professore all'Università della Calabria, Toni Negri dell'Università di Padova e Franco Berardi detto "Bifo" redattore della bolognese Radio Alice.

Il movimento del '77
Ciò che fece crescere in maniera esponenziale il numero dei militanti autonomi furono le lotte del cosiddetto
Movimento del '77.
Nel marzo del
1977 l'uccisione, da parte della polizia, dello studente di Lotta Continua Francesco Lorusso a Bologna scatenò una serie di manifestazioni di protesta in tutta Italia. Le proteste furono molto accese e portarono all'occupazione di numerose università, in particolare quella di Bologna e "La Sapienza" di Roma e a numerosi atti di aggressione politica violenta.
La risposta da parte delle istituzioni non si fece attendere: la cittadella universitaria bolognese fu circondata dai mezzi blindati dei Carabinieri, mobilitati per ordine dell'allora Ministro degli Interni
Francesco Cossiga. La cittadella universitaria fu sgombrata dalle forze dell'ordine dopo tre giorni di durissimi scontri.
In seguito ci furono grandi proteste anche da parte di personalità della politica e della cultura. Va citato un durissimo "Manifesto contro la repressione" degli intellettuali francesi riuniti attorno alla figura dello scrittore
Jean-Paul Sartre, fra i quali spiccavano i nomi dei filosofi Gilles Deleuze e Félix Guattari, che condannarono le autorità della giunta comunista bolognese per non essere intervenuta contro questo atto repressivo, manifesto che sarebbe stato alla base del convegno contro la repressione del settembre di quell'anno. Nel documento si manifestava una preoccupazione per la repressione autoritaria da parte dello stato italiano, ma si evidenziava una certa lontananza dei sottoscrittori dalla realtà politica italiana, per esempio mancando di cogliere alcune caratteristiche peculiari del movimento di Autonomia Operaia (e del 1977 in genere) che la distinguevano dalla tradizione della sinistra comunista tradizionale parlamentare.

Lo scontro col PCI
D'altra parte il
Partito Comunista Italiano aveva già espresso una condanna dei metodi violenti di Autonomia Operaia, cui contrapponeva una lotta all'interno delle istituzioni democratiche. In quegli stessi anni stava inoltre maturando una nuova linea da parte del PCI a favore dell'Eurocomunismo e di uno strappo con l'URSS. Inoltre stava maturando una strategia che avrebbe portato al compromesso storico con la democrazia cristiana.
La condanna del PCI si manifestò in maniera palese dopo il
17 febbraio 1977 a seguito dei fatti avvenuti durante il comizio dentro l'Università di Roma, occupata dagli studenti, di Luciano Lama, segretario della CGIL, sindacato vicino alle posizioni del PCI. Durante il comizio ci fu un duro scontro fra gli autonomi e il servizio d'ordine della CGIL che si concluse con la cacciata di Lama dal cortile de "La Sapienza". Lo scontro fornì l'occasione alla Questura di Roma di fare irruzione nell'Università per sgomberare con la forza gli studenti che l'avevano occupata.
La linea degli autonomi successivamente si radicalizzò, con il prevalere della corrente operaista favorevole allo scontro duro con le istituzioni, mentre la linea dei cosiddetti "creativi" che si era mobilitata creando il movimento degli
Indiani Metropolitani venne messa in minoranza. Una parte dell'ala dura degli autonomi decise che era giunta l'ora di "alzare il livello dello scontro", ossia di passare alla lotta armata.

Autonomia e lotta armata
Da quel momento l'Autonomia Operaia si avvicinò alle posizioni dei gruppi terroristici che si stavano formando, così molti militanti entrarono in clandestinità, rafforzando il numero dei militanti di gruppi come le
Brigate Rosse ma in maniera particolare dei Nuclei Armati Proletari NAP che agivano all'interno delle carceri, dove molti autonomi furono rinchiusi.
Alcune frange minoritarie dei movimenti della lotta armata furono espressione diretta di gruppi autonomi passati in clandestinità, fra questi si devono ricordare almeno le Squadre Proletarie di Combattimento, i
Proletari Armati per il Comunismo, e la più longeva e meglio strutturata Azione Rivoluzionaria.
Altri autonomi approdarono nelle file delle già costituite e operanti
Unità Comuniste Combattenti e Prima Linea diffusi più che altro nell'Italia centro-settentrionale.
La maggior parte degli autonomi, però, si disperse. Nei primi anni Ottanta alcuni rientrarono nei residui movimenti della
sinistra extraparlamentare o si unirono a Democrazia Proletaria, partito che poi si è presentato anche alle elezioni.

Il convegno di Bologna
Il Movimento del '77 ebbe il suo momento di maggiore espressione durante il mese di settembre di quell'anno, quando fu indetto un
convegno contro la repressione nella città dove il movimento era nato, cioè Bologna.
Il convegno che durò tre giorni: 24, 25 e 26 settembre, spinse a Bologna circa centomila giovani che trasformarono la città in un palcoscenico per feste, rappresentazioni teatrali e musicali, mentre all'interno del Palazzo dello sport diecimila persone discutevano sul futuro e sulla leadership del Movimento. Partecipano anche molti intellettuali, fra i quali lo psichiatra
Franco Basaglia promotore della Legge 180/78 sulla chiusura degli Ospedali Psichiatrici, i francesi firmatari dell'appello di Sartre e gli attori-registi Dario Fo e Franca Rame, oltre ai leaders riconosciuti di Autonomia Operaia, Oreste Scalzone e Toni Negri. Nel corso del convegno Autonomia operaia tentò di prendere l'egemonia, ma in realtà il movimento in quanto tale non riuscì ad elaborare un programma e metodologie di lotta che permettessero la continuazione di quella esperienza. Si può forse affermare che il convegno tenuto a Bologna segnò l'ultimo atto del movimento.

Dal Settantotto al Sette aprile
A dieci anni dal
Sessantotto il Movimento, egemonizzato oramai da Autonomia segna il passo. Gli organi d'informazione si interessano a lungo di un'iniziativa, vera o presunta, partita da dei giovani di un liceo romano, atta a rivendicare un voto di sufficienza garantito per tutti gli studenti, divenuto noto come "Sei Politico", istanza giudicata assurda e bollata come "falso problema" dal mondo politico. Nonostante ciò il movimento subiva una crescente impopolarità per la recrudescenza del fenomeno terroristico, culminante con il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, e gli episodi di guerriglia urbana che puntualmente scaturivano durante le manifestazioni per le uccisioni di militanti extraparlamentari o le loro ricorrenze. Autonomia Operaia fu di fatto sciolta a causa degli arresti che ne seguirono con la carcerazione dei suoi leader più noti, ondata che culminò nel famoso 7 aprile 1979. Toni Negri e Oreste Scalzone si diedero alla latitanza in Francia per l'accusa di fiancheggiamento ai gruppi terroristici. In pochi giorni fu indetta un'iniziativa di mobilitazione generale a Padova, stroncata sul nascere da un incredibile dispiego di Polizia ed esercito, allertati a seguito dello scoppio di un ordigno avvenuto il giorno prima nella vicina cittadina di Thiene, esplosione accidentale, secondo la tesi ufficiale, che causò la morte di tre giovani che lo stavano confezionando.

Gli anni 80
Negli anni 80, soprattutto dopo l'uccisione di Pietro Maria Walter Greco (detto "Pedro") da parte di agenti della
Digos e del Sisde, l'autonomia torna a costituirsi in varie città italiane come Collettivi Autonomi e come parte del Coordinamento Nazionale Antinucleare Anti-imperialista.
I blocchi e le manifestazioni del CNAA verranno spesso caricati duramente dalla polizia.
Riguardo ai blocchi antinucleari, ad esempio i parlamentari Ronchi, Tamino e Russo chiedono in una
Interrogazione parlamentare del 9 dicembre 1986 :
« premesso che il 9 dicembre 1986 era stata indetta una manifestazione con presidio del cantiere della centrale elettronucleare di
Montalto di Castro, da parte del Coordinamento Antinucleare e antimperialista, struttura alla quale si riferiscono settori di militanti e simpatizzanti dell'area dell'Autonomia Operaia; da quanto risulta dai primi resoconti le forze di polizia e carabinieri affluite in gran numero hanno caricato a freddo i manifestanti, facendo uso anche di armi da fuoco (un manifestante risulterebbe ferito ad una gamba da un colpo d'arma da fuoco) e tirando candelotti lacrimogeni ad altezza d'uomo (un altro ragazzo è stato ricoverato all'ospedale di Tarquinia a causa di un trauma provocato da un candelotto in pieno petto), ferendo numerosi partecipanti a questa manifestazione - : quali siano state le direttive, se vi siano state, impartite alle forze dell'ordine, per quali ragioni esse si siano accanite con tanta durezza contro questa manifestazione antinucleare; se non ritenga che si debba garantire a tutti il diritto di manifestare e se sia legittimo utilizzare l'immagine violenta ed anche rilevanti errori politici dell'Autonomia Operaia per togliere a quest'area politica e sociale, nei fatti , questo diritto, consentendo una dura e spropositata repressione di ogni sua iniziativa politica.(4-18951 )" »
Negli anni 80 a Milano collettivi autonomi nascono intorno alla casa occupata di via dei Transiti 28 e al periodico Autonomen, a
Padova il centro di documentazione antinucleare antimperialista fa riferimento a Radio Sherwood e a Roma continua l'esperienza di via dei Volsci e di radio Onda Rossa.

Eredità di Autonomia
Oggi l'ideologia operaista e l'
autogestione delle lotte che caratterizzava l'Autonomia Operaia trova continuità in alcuni gruppi vicini ai centri sociali e all'area del sindacalismo di base. Molte delle elaborazioni teoriche dell'area dell'autonomia sono presenti tutt'ora all'interno della odierna sinistra extraparlamentare italiana.